PERSONAGGI MINORI

 Nicola NERI
 

Nato il 28 novembre 1761 ad Acquaviva Collecroci, nel Molise, da Domenico e Maddalena Russo, proprietari terrieri. Dopo aver appreso i primi rudimenti scolastici privatamente da maestri locali, si trasferì a Napoli dove compì gli studi successivi fino alla laurea di dottore in Medicina e Chirurgia sotto la guida del Sementini, di cui divenne discepolo prediletto per le sue doti di intelligenza e di merito. E, se non fosse stato sfiorato dalla fortuna avversa, sarebbe divenuto senz’altro un primo medico ed ottimo professore.
Nel 1795, in seguito all morte di uno dei fratelli, il padre lo richiamò in paese e lo obbligò ad interessarsi dell’azienda di famiglia . Lo stesso anno, il 2 giugno, si unì a nozze con Rosa de Rubertis, ma, appena dopo soli due giorni, fu arrestato dalla polizia borbonica e condotto presso le carceri di Lucera, prima, e poi a quelle della Vicaria in Napoli, con l’accusa di far parte di associazione giacobina.
Rimase recluso presso le carceri della Vicaria per oltre 3 anni, finchè, nel 1799, con l’entrata in Napoli delle truppe del generale Championnet, non fu proclamata la Repubblica Partenopea.
Scarcerato e rimesso in libertà, fu nomnato Commissario Dipartimentale agli interni, pur non avendo nessuna conoscenza degli studi legali, essendo egli un medico.
Nel suo incarico non fu all’altezza di dirigere le truppe, per cui fu molto criticato nonostante avesse chiamato al suo fianco Andrea Valiante di Ielsi. Alla caduta della Repubblica il Neri cercò di sfuggire alla cattura, imbarcandosi su di un piroscafo francese ch’era alla fonda, ma, prima che il piroscafo potesse prendere il largo, fu scoperto da Scipione Lamarra, acceso borbonico, ed arrestato e ricondotto nelle carceri della Vicaria.
Condannato a morte fu giustiziato in Piazza Mercato il 3 dicembre 1799.
A Lui è stata dedicata una delle strade del nuovo quartiere del comprensorio Cese.
 
 PROSDOCIMO ROTONDO

 Nato a Gambatesa (CB) il 14 aprile 1757 (?)( ma alcuni fanno risalire la nascita nel 1744, altri nel 1753). Avvocato di grido, il suo studio nella capitale del Regno era frequentato da una vasta clientela proveniente da molte province del Molise e della Puglia.
Dopo che il generale Championnet entrò in Napoli e il re Ferdinando fuggì in Sicilia, il Rotondo simpatizzò per l’idea repubblicana ed aderì al nuovo ordinamento. Fu eletto a farne parte quale unico rappresentante del Contado di Molise.
La sua elezione suscitò qualche invidia in persona a lui ostile, tanto che fu accusato, falsamente, di indegnità da tale Nicola Palomba, nato ad Avigliano (Basilicata) il 23 ottobre 1746, esaltato giacobino, che per altro pare non lo conoscesse neppure.
Il Rotondo immediatamente si dimise rinunciando al suo mandato e diede ampia dimostrazione della sua onestà e capacità amministrativa, mentre il Palomba non riuscì a provare nessuna delle accuse.
In seguito il Rotondo fu nominato Commissario nel suo dipartimento.
Se non che, con il ritorno del Monarca la Repubblica cadde e Lui fu arrestato e condotto al patibolo dove finì il 30 settembre 1799.
Lasciò 4 figli, di cui 2 intrapresero la carriera ecclesiastica, un terzo andò in volontario esilio a Marsiglia e l’ultimo rimase nella sua Gambatesa.
La città di Campobasso a Lui ha dedicato una delle traverse che uniscono Via XXIV Maggio con Via IV Novembre, appena a ridosso della sede del Consiglio Regionale del Molise.

DOMENICO de GENNARO
 
Nacque a Casacalenda il 9 maggio 1760 da Giovannantonio e da Angelamaria Giannesi di Gambatesa..
Fu istruito da maestri locali e fu impiegato nell’azienda di famiglia.
Sposò Mariantonia Valiante di Jelsi, sorella di Andrea Valiante che pure tanta parte ebbe nella storia rivoluzionaria preunitaria.
Per allargare le fonti di guadagno intraprese pure a commerciare in granaglie ed altri prodotti agricoli, nonché in legnami.
Avendo l’Università di Casacalenda in corso molte cause contro la casa ducale, occorreva nominare un Mastrogiurato e così che nel 1792 fu eletto Domenico de Gennaro all’ufficio di Mastrogiurato.
Aveva allora il Nostro 32 anni.
Domenico de Gennaro, di carattere intrprendente, esuberante e baldanzoso (così ce lo descrive il Masciotta nella sua Storia del Molise), mise tanto fervore nello svolgere il mandato che gl’incombeva, come se le questioni interessassero la sua persona, dando un bel po’ di problemi al duca Scipione di Sangro, che mal tollerava il Mastrogiurato.
Il duca tentò alcune ritorsioni nei riguardi del de Gennaro, acusandolo di aver falsificato vecchi documenti a cui il de Gennaro rispondeva con altre accuse contro il duca. Per questi motivi la Real Camera aveva inviato a Casacalenda una Commissione per la delimitazione dei terreni controversi. Ci furono atti illegittimi da parte dei contendenti ed accuse reciproche.
Frattanto nella provincia giudiziaria di Capitanata avveniva una retata di giacobini in cui finivano i già ricordati frequentatori del cenacolo di Olimpia Frangipane ( Belpulsi, neri,il marchese lamaitre, Felice Ziccardi di Tavenna, Crescenzo tata, Scipione Vincelli). Domenico de Gennaro avutone sentore tentò di fuggire a Napoli, sperando di poterla fare franca, ma venne arrestato e processato nel 1798. Nel processo riuscì a scagionarsi e tornò a Casacalenda dove coprì nuovamente l’ufficio di mastrogiurato, confermatogli anche dopo la proclamazione della repubblica partenopea.
 Capeggiò la resistenza della popolazione contro le truppe albanesi comandate da Michelangelo Flocco. Sopraffatto andò in ostaggio nelle mani del Flocco, il quale gli aveva assicurato la vita. Ma gli albanesi non tennero fede alle promesse per cui fu prelevato in casa di un parente, tale Michelangelo Musacchio di Campomarino, e quattro giorni dopo fu fucilato sulla spiaggia di quel comune.
“ La storia dimostrerà che Domenico de Gennaro fu vitima di un volgare assassinio per mandato: ultima esplicazione delle rappresaglie e degli odi ducali contro un pubblico magistrato non d’altro colpevole d’aver talora trasmodato nell’assolvere il proprio dovere” così è scritto nella Storia del Molise di Giambattista Masciotta..
Noi diciamo che Domenico de Gennaro è morto da eroe martire della Libertà:
“Un bel morir tutta la vita onora!”
E la città di Campobasso gli dedica una strada del nuovo quartiere Cese.

 LEONE BELPULSI
 
Nacque il 2 maggio 1723 a San Martino in Pensilis, si laureò in giurisprudenza ed esercitò l’attività forense. Nominato governatore di Rodi Garganico, conobbe Eleonora Stella e la sposò.
Alla morte della moglie, che lo lasciò senza figli, nonostante ancora la giovanile età, entrò in seminario a Larino e si fece sacerdote. Nel 1766 fu nominato titolare della chiesa arcipretale di San Martino in Pensilis, suo paese natale.
Lo spirito di libertà civile non venne mai meno in lui, per cui partecipò spesso alle riunioni che si tenevano presso il cenacolo della baronessa Olimpia Frangipane in quel di Castelbottaccio, dove si discuteva del futuro assetto politico e sociale che stava per sorgere ed a cui partecipava il fior fiore della cultura molisana, che era tenuta in gran conto nei salotti più importanti della politica nella capitale borbonica.
Al cenacolo di Castelbottaccio partecipavano uomini come Vincenzo Cuoco, i fratelli Pepe di Civitacampomarano, i Lamaetre di Lupara, Domenico de Gennaro ed i Vincelli di Casacalenda, i Sanchez di Montelongo, Andrea Valiante di ielsi, Nicola Neri di Acquaviva Collecroci e Giovanni Battista Belpulsi, cugino del Nostro.
Il cenacolo di Olimpia Frangipane era da un bel po’ di tempo spiato dalla polizia borbonica che a lungo aveva tollerato le sue riunioni di sapore politico giacobino, ma nel 1795 venne l’ordine di arrestare tutti i suoi frequentatori, così l’arciprete Leone Belpulsi fu arrestato insieme agli altri.
Condotto in carcere prima a Lucera e poi a S. Elmo subì il processo durante il quale il P.M. Carlo Vanni pronunciò una requisitoria dura contro tutti gli arrestati, chiedendo per Domenico de Gennaro, Scipione Vincelli e Giovanni Battista Belpulsi la pena di morte, mentre per suo cugino Leone, ormai ultrasettantenne, la pena di trent’anni di carcere, la quale equivaleva a condanna a morte data l’età del Nostro.
La sentenza di morte per i molisani non fu eseguita per il sopravvento delle truppe francesi di Championnet del 1799, ma il Belpulsi Leone andò incontro alla morte, sia per la sua età avanzata e sia per le sofferenze patite in carcere, il 7 gennaio 1798.
La città di Campobasso ha voluto dedicargli una strada nel nuovo quartiere Cese.

NICOLA DE LUCA
 
Nacque a Campobasso il 1° giugno 1811, esercitò la professione di farmacista.
Nel 1843 fu nominato segretario della Società Economica e fu uno dei primi liberali del Molise.
Nel 1848 il De Luca venne eletto deputato al Parlamento e fu l’unico molisano che firmò la proposta di Pasquale Stanislao Mancini sulla decadenza della monarchia borbonica.
Accusato di aver incitato il popolo sulle barricate, venne arrestato e condannato a 8 anni di carcere.
Rinchiuso nelle carceri di Campobasso ne uscì verso la primavera del 1858.
Nel 1860 fu promotore e presidente del Comitato di insurrezione.
Giuseppe Garibaldi per i suoi meriti rivoluzionari lo nominò Governatore del Molise.
Il 24 ottobre 1860 alla testa della Prima Legione Sannitica da lui fondata e comandata da Francesco De Feo, suo amico personale, dopo aver domato i moti di Isernia (pro Borboni) , si portò a Venafro ed andò incontro a Vittorio Eanuele II°, primo re d’Italia, e gli presentò l’omaggio del popolo molisano.
Il De Luca fu nominato Prefetto di Avellino, provincia in cui si distinse per la lotta al banditismo, estirpando alla radice le bande di Crocco, terribile bandito di Mefi  che imperversava specialmente nella zona di S. Angelo dei Lombardi.
Fu prefetto a Forli, ad Ancona, a Como ed a Messina. Per i suoi meriti Vittorio Emanuele II° gli conferì il titolo di barone e lo nominò Senatore del Regno.
A Lui la città di Campobasso ha dedicato la strada che collega Piazza San Francesco con Via Crispi.

 

 

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