Home  Recensione Di Petta a Il segreto di Sara

Ugo D’Ugo, “Il segreto di Sara ed altri racconti”,
Goliardica Editrice, Trieste, 2009
di Pasquale Di Petta
 
Ugo D’Ugo, dopo le due prime opere in dialetto: “Nustalgije de la Fota” (poesie) e “Le trascurzie de Maria la rusciulella” (satire), ha dato inizio alla sua produzione in lingua italiana, pubblicando: “Il prezzo dell’amore” (romanzo), “Il molisano giocoso” (indovinelli, canti, filastrocche, ecc), “Il canto della ciavola” (poesie) e l’ultimo in ordine di tempo “Il segreto di Sara ed altri racconti”, che comprende 14 racconti molti dei quali sono autobiografici. A tutti fanno da sfondo il paesaggio molisano e la sua gente.
Quest’opera nel suo complesso può essere definita una bella pagina di letteratura regionale.
“Il segreto di Sara” è un racconto lungo e drammatico che dà il titolo al libro e ne occupa circa la metà. La storia si svolge verso la fine di ottobre del 1943, quando i luoghi del Molise erano occupati dai tedeschi, che commettevano soprusi, arrestavano gli uomini per destinarli ai campi di lavoro in Germania, devastavano le campagne e facevano razzia di animali.
Inoltre vengono descritti: il coprifuoco, le incursioni aeree, lo spostamento delle truppe tedesche, la vita dei contadini ed il dramma di Sara, una giovane ebrea incinta, che, per sfuggire alle persecuzioni dei tedeschi, si rifugia presso una casa di contadini, dove viene accolta con affetto e dove trascorre in pena, per i fidanzato deportato, le fredde giornate invernali. In quella casa partorisce aiutata da una vecchia contadina, ma non registra all’anagrafe il figlio per paura che le autorità, in ossequio alle leggi razziali, potessero deportarla insieme con il bambino.
Sono ricordati in maniera molto realistica gli stenti in cui vivevano le famiglie ed il terrore degli ebrei in quel periodo di persecuzione.
Nel racconto pieno di pathos, di dolore e di rabbia, gli unici squarci luminosi sono solamente le descrizioni degli aspetti più belli della natura, la solidarietà dei contadini e degli amici verso Sara ed il figlio Samuele. Ugo D’Ugo racconta con molta partecipazione e con dolore la malattia di Sara e l’operazione che subì al seno, la morte del fidanzato nei campi di concentramento. Il racconto infonde tristezza e rabbia contro le prepotenze naziste e le persecuzioni dei poveri innocenti. E’ ben presentata l’epoca in cui avvengono i fatti, la miseria in cui vive la gente nel periodo della guerra, il mondo contadino del Molise, l’angoscia del giovane Samuele, che, non essendo stato registrato all’anagrafe, non può ottenere alcun documento di identità, per cui risulta inesistente. Le leggi italiane non riescono a risolvere il suo caso, ed il giovane è costretto ad emigrare in Israele, la terra dei suoi avi, dove il suo caso viene risolto e così finalmente riconquista la sua identità. Il dramma di Samuele è profondamente umano, fa riflettere e scuote le coscienze. Tutto il racconto è coinvolgente e tiene desta l’attenzione del lettore.
Ugo D’Ugo rievoca le credenze nei poteri magici delle streghe che <<Ogni anno, nella notte di Natale, si riunivano sotto un grande noce nei pressi di Benevento>>, nel malocchio e nei fattucchieri (“I gemelli e la strega di Colle d’Anchise”). Vengono ricordate anche le usanze antiche dei pochi abitanti rimasti in Civita di Bojano, che quando festeggiavano gli avvenimenti più importanti offrivano agli ospiti “cacio e vino” e gioivano per la nascita di figli maschi e stavano quasi a lutto per la nascita delle femmine, perché per maritarle dovevano preparare la dote.
L’autore riporta molti ricordi della sua adolescenza, come i bagni con i suoi amici nel torrente Quirino, le incursioni nei campi di fave e le corse pazze per sfuggire ai cani aizzati contro di loro dai proprietari. Riferisce anche che camminavano scalzi per non consumare le scarpe, tanta era la povertà in cui si viveva in quel tempo.
Ma non per questo si avvilivano: guardavano e corteggiavano le belle ragazze, come Zazzà “una ragazzetta dagli occhi neri bellissimi, che sembravano due tizzoni sotto la cappa delle sopracciglia nere” (Zazzà).
Deplora la guerra, che tragicamente sconvolge la vita delle persone (“Gramegna”). Affronta anche il problema dell’onore ferito, cioè della ragazza sedotta ed abbandonata, ancora molto sentito soprattutto nelle classi meno abbienti e meno colte (“Lisa”); della monotonia e della solitudine che regnano nei paesini del Molise (“Il vate di Monacilioni”). Passando in rassegna i tanti paesi del Molise, storicizza la mentalità dei loro abitanti nella prima metà del Novecento, soffermandosi soprattutto sulle credenze, sull’ingenuità, sulla caparbietà, sull’ironia e sulla mancanza di intraprendenza delle persone. Tutto il libro è un affresco del paesaggio molisano e della civiltà contadina. Fa risaltare l’immobilità: <<Il paesaggio era sempre lo stesso: squallido e povero>> (Trebbiatura”). Si sofferma su San Martino in Pensilis e ne descrive la storia, le caratteristiche paesaggistiche, le tradizioni, come la corsa dei carri.
Nel racconto “Il profumo del santo” D’Ugo con animo commosso parla della miracolosa guarigione della figlia proprio nel momento in cui lui nella sua camera avverte il profumo di viole con il quale Padre Pio di solito si annunziava quando operava fatti straordinari.
In “Professoriello” non risparmia critiche alla scuola del suo tempo ed all’incapacità didattica di alcuni professori, come il suo insegnante di agraria, però mi sembra un po’ indulgente nei confronti degli alunni indisciplinati.
Ugo D’Ugo è un fine osservatore della realtà e delle persone che ritrae in maniera immediata e con uno stile scorrevole e di facile lettura. E’ serio, moraleggiante, scherzoso e pungente. Come un cantastorie racconta i fatti dei tempi passati e le sue esperienze con molta partecipazione. Dà anche largo spazio alla fantasia, come in “Professoriello” e “ Curiosità assassina”. I soprusi di chi detiene il potere lo indignano. Egli soffre per la rassegnazione, le indigenze e le fatiche della povera gente.
Con questo libro continua la sua opera di diffusione della cultura alla quale da lungo tempo si dedica. Infatti, da anni ha fondato il “cafè letterario” ed ultimamente l’associazione culturale “Fracesco Jovine” dando luogo a presentazione di libri, incontri con personalità della scienza, dell’arte, della letteratura, a conferenze ed a spettacoli.

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