LIBERAZIONE al Circolo Anziani


Oggi 25 aprile è l’anniversario della Liberazione; noi ricordiamo questa data, spesso non con l’importanza che dovremmo, poiché tanti sanno di questa data solo perché è giorno di festa nazionale: i ragazzi perché non vanno a scuola, gli adulti perché hanno un giorno di riposo pagato e coloro che sono costretti a lavorare, poiché il loro è un lavoro di pubblco interesse ( penso agli ospedalieri, ai ferrovieri, ai tramvieri, alle forze dell’ordine) e il lavoro di questo giorno viene pagato il doppio; ma per me, questa è la più bella giornata della nostra vita perché 67 anni fa, come se fosse oggi, ci liberammo dall’occupazione tedesca e dal fascismo, che avevano condotto al disastro il nostro paese e non solo; basti ricordare che a causa di quella politica ci furono nel mondo 50 milioni di morti, senza contare quelli che morirono dopo, per le conseguenze. E non parliamo delle sofferenze degli orfani, che pure dovettero sopravvivere ai loro padri. La festa viene istituita prima con D. L.vo n° 185 del 22 aprile 1946 dal Capo Provvisorio A. De Gasperi per la seguente motivazione: “A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”. In seguito la Legge n° 260 del 27/5/1949 istituirà la festa nazionale definitiva.


 Come scoppiò la 2° Guerra Mondiale?

La politica espansionista della Germania nazista, che aveva annesso la Renania nel 1936. l’Austria nel 1938, la Cecoslovacchia nel 1939 e quella dell’Italia che nel 1936 aveva conquistato l’Etiopia, e nel 1939 l’Albania, sono i segni premonitori del secondo conflitto mondiale, che scoppia nel settembre 1939, quando l’esercito di Hitler occupa la Polonia.
In seguito a ciò Francia ed Inghilterra dichiarano guerra alla Germania. L’Italia, con la solita furbizia resta a guardare alla finestra.
Ma vedendo che le cose andavano bene per Hitler, il 10 giugno 1940 l’Italia entra in guerra accanto alla Germania, pensando di “ andarsi a sedere al tavolo delle trattative “ da vincitore.
Mussolini, pregusta già di prendere un suo bocconcino al banchetto di spartizione. Nel settembre dello stesso anno anche il Giappone fa lo stesso, avendo in mente di riconquistare alcune isole importanti nel Pacifico, tra cui le Haway.
Ma come si dice: Chi troppo vuole nulla stringe e Tanto va la gatta al lardo finchè ci lascia lo zampino! I politici, per la maggioranza, non hanno il senso della misura, specie se sono mezze tacche: poiché tali classifico io i dittatori. Il sogno di Hitler non ha limiti e, nel 1941, violando il trattato di non aggressione stipulato con l’Unione Sovietica e firmato dai generali Molotov e Ribbentrop, Hitler attacca la Russia per espandersi verso est.
L’operazione si chiama “Barbarossa”, come il nomignolo di Federico I° di Svevia. Le truppe italo-germaniche arrivate alle porte di Mosca e di Leningrado dovranno arrestarsi per la resistenza dell’Esercito popolare sovietico e per il freddo gelido che costituisce di per sé una barriera protettiva per quella nazione; e sarà un disastro.
Il 7 dicembre 1941, sul fronte orientale, i giapponesi attaccano la flotta americana a Pearl Harbour: questa sarà la goccia che farà traboccare il vaso. L’America, ch’era rimasta alla finestra, dando solo qualche aiutino all’Inghilterra, questa volta entra in guerra tutta intera, vale a dire con tutta la sua potenza economica e militare, a fianco di Inghilterra, Francia e Russia.
Nel’42 le forze dell’Asse (Roma, Berlino, Tokio) ricevono una sonora batosta in Africa settentrionale e nel Pacifico.
L’8 Luglio 1943 gli anglo-americani sbarcano in Sicilia ed avanzano con la V° Armata americana sulla linea tirrenica, mentre l’VIII° Armata britannica avanza su quella adriatica.
Nel 1943 era chiarissimo a tutti che la coalizione formata principalmente da Italia,Germania e Giappone aveva ormai perso la guerra.
La pesante sconfitta subita dai tedeschi a Kursk e lo sbarco anglo-americano in Sicilia, cominciato il 10 Luglio 1943, ne erano una precisa conferma.
L’Italia (come già l’Austria-Ungheria nel 1918 e la Francia nel 1940) era di fronte a un bivio: chiedere un armistizio o essere del tutto distrutta, continuando a sacrificare militari e civili in una guerra ormai persa.
In un tal frangente, è dovere di chi guida una nazione concludere al più presto il conflitto, per evitare sacrifici inutili. Ne erano consci anche in Germania, dove solo il fanatismo di Hitler e dei suoi seguaci si opponeva ad una pace negoziata.
3. Italiani e tedeschi avevano combattuto gomito a gomito sin dal Giugno 1940. Il nostro esercito, pur riportando numerose vittorie in importanti fatti d’arme, si era
esaurito in tre anni di lotta valorosa e durissima.
I militari germanici sapevano benissimo tutto questo.
Già nell’Aprile 1943, il Principe Ereditario Umberto di Savoia e suo cognato,
Filippo d’Assia-Kassel, si accordarono per manifestare a Hitler la loro convinzione che Italia e Germania dovessero uscire dal conflitto. Il colloquio avvenne a Klessheim in quello stesso mese, ma senza risultato.
Hitler, aveva perciò pensato, se necessario, trasformare l’Italia in un campo di battaglia, che rallentasse il più possibile l’avanzata degli alleati verso la Germania, e diede subito disposizioni per la preparazione del piano “Alarico”, che prevedeva l’invasione del nostro paese. In quel momento, Italia e Germania erano ancora alleate…Quindi stava preparando una vera vigliaccata a danni del nostro paese!L’Italia fu quindi costretta a far da sé. Premesso che il 19 Luglio 1943, un lunedi mattina, piovvero su Roma oltre 4000 bombe ad alto potenziale, che colpirono principalmente i quartieri di San Lorenzo, Tiburtino e Tuscolano, provocando 3000 morti e 11000 feriti, di cui solo a san Lorenzo ben 1500 vittime; avvenimento che colpì profondamente il morale della capitale e non solo, e che tanto scosse Pio XII° che accorse sui luoghi colpiti per portare il solidale sostegno. Il 25 luglio 1943 il Gran Consiglio del Fascismo approvò un ordine del giorno proposto dal conte Dino Grandi ( presidente della camera dei fasci e delle corporazioni), il quale segretamente capeggiava una congiura voluta dal Re, O. d. G. comunicato preventivamente a Mussolini. In esso veniva prevista, fra l’altro, la restituzione al Re di tutti i poteri che gli spettavano in base allo Statuto del Regno, ivi compresa, recitava il testo, “quella suprema iniziativa di decisione che le nostre Istituzioni a lui attribuiscono”.
A questo punto e in tale situazione, Re Vittorio Emanuele III fece il suo dovere di sovrano costituzionale, accettando le dimissioni di Mussolini, il quale si recò da lui il giorno 26 per informarlo, ma il Re lo aspettava con tutto il preparativo per arrestarlo e spedirlo nella prigione sul Gran sasso; intanto vara il nuovo governo, guidato dal generale Badoglio, che subito intavolò trattative di pace con gli alleati. (In frangenti simili, si comportarono analogamente, nella maggior parte dei casi anche contro il parere dei loro alleati, Francia, Finlandia, Ungheria e Romania).
Da questo momento scocca l’ora della riscossa e del riscatto italiano. Inizia la Guerra di Liberazione vera e propria. Devo pure dire che da quanto detto scaturisce pure che non fu l’Italia , ma la Germania a tradire il popolo italiano, spostando il grosso delle truppe in terra nostra. Questo per sfatare ogni dubbio alimentato dallo slogan nazi-fascista che vuole fossimo noi i traditori.
Ora passiamo velocemente a ripercorrere i fatti salienti della guerra di Liberazione.
I tedeschi che avevano saputo anticipatamente dell’armistizio firmato il 3 settembre 1943, a Cassibile (SR) dai generali Castellano e Walter Bedell Smith, con il quale l’Italia si impegna a cessare le ostilità a partire dall’8 settembre, si preparano a rivolgere le armi contro i soldati italiani, i quali all’annuncio dell’armistizio , restano sbandati. In questo frangente ogni comandante fa da sé. Non mancano atti di eroismo di molti soldati, né dei nostri civili che già da un pezzo hanno iniziato una guerriglia di sfiancamento sulle montagne appenniniche..
Il 9 settembre gli alleati sbarcano a Salerno e avanzano , sfondando la Linea Gustav, mentre i tedeschi si ritirano sulla linea Gotica che va da Rimini a Massa, dall’uno all’altro mare.
Viene formato il Comitato di Liberazione Nazionale (C.N.L.A.I.) con le brigate partigiane “Giustizia e Libertà” e “Matteotti”.
Per iniziativa del Principe Umberto di Savoia si ricostituì il Regio Esercito. Fu proprio per sua iniziativa, infatti, che nacque il Primo Raggruppamento Motorizzato. Trasformato nel più potente “C.I.L.” (Corpo Italiano di Liberazione) il 17 Aprile 1944; nel Settembre dello stesso anno l’esercito si riorganizzò su 4 divisioni (“Cremona”, “Forlì”, “Foligno” e “Legnano”). La Commissione Alleata di Controllo vietò al Principe ereditario di assumere il comando del C.I.L. e cercò di impedirgli di partecipare alle operazioni militari. La stessa commissione vietò perentoriamente anche la partecipazione di Umberto di Savoia alla guerriglia partigiana. Ciò era ovvio, poiché la casa Savoia non poteva dirsi estranea agli avvenimenti che avevano portato al disastro il nostro paese.
A questa, però, parteciparono molte formazioni regolari dell’esercito che, alla data dell’armistizio, si trovavano nel nord. Ricordiamo, fra le tante, la formazione piemontese costituita dai soldati della IV Armata, i gruppi operanti in Lombardia e nel Veneto, il gruppo “Berta” di Tullio Benedetti, la banda comandata da Manrico Duceschi (“Pippo”) e la banda di Bosco Martese, che agiva nel Teramano.


documenti Giorgia Iann  011LEGGERE PREGHIERA del PARTIGIANO.

Intanto nel 1944 gli americani sbarcano in Normandia e l’esercito tedesco viene sfiancato, attaccato da due fronti l’uno ad ovest con gli anglo-americani, l’altro ad Est ad opera dei Russi. I tedeschi cercano allora di rientrare in Germania per rinforzare le linee di difesa della madrepatria.
Il 21 aprile 1945 gli alleati entrano a Bologna. Nel frattempo scoppiano scioperi ed insurrezioni a Genova, a Cuneo, a Torino. Mussolini, che dopo la liberazione dal luogo di isolamento sul Gran Sasso aveva fondato la Repubblica Sociale, dando manforte ad Hitler, vista la malaparata fugge e viene sorpreso, insieme alla sua amante Claretta Petacci, nei pressi di Dongo (Co), a Musso il 27 aprile 1945 su un’autocolonna tedesca, riconosciuto dai partigiani viene fermato e arrestato. Condannato a morte dal Comitato di Liberazione nazionale, viene giustiziato il 28 aprile 1945, alle ore 16,10 a Giulino di Mezzegna. I loro corpi saranno esposti a Piazzale Loreto in Milano il 29 aprile.
La loro esposizione al pubblico fu fatta per due motivi: il primo, per vendicare il turpiloquio fatto ad opera dei nazi-fascisti dei cadaveri di quindici partigiani sullo stesso luogo; il secondo, per dare un forte segnale ai tanti fascisti che ancora operavano nelle città del nord.
I quindici partigiani erano tutti detenuti a San Vittore per attività contro il regime; essi furono svegliati alle 4,30 del mattino del giorno 10 Agosto 1944 col pretesto di trasferirli in un campo di lavoro in Germania, fecero indossare loro una tuta da lavoro e li caricarono su un camion tedesco. Invece li portarono in Piazzale Loreto e li fucilarono per rappresaglia poiché una bomba era stata fatta esplodere dai partigiani in Via Abruzzi, bomba che peraltro non aveva fatto vittime.
I loro nomi sono ricordati su una lapide:
Umberto Fogagnolo, Domenico Fiorani, Giulio Casiraghi, Tullio Galimberti, Vitale Vertemobile, Eraldo Soncini, Andrea Esposito, Andrea Ragni, Libero Temolo, Emidio Mastrodomenico, Salvatore Principato, Renzo Del Riccio, Angelo Poletti, il quale fu ripetutamente torturato, Arturo Gasparini e Gian Antonio Brovin tutti giovani operai e impiegati, molti padri di famiglia che erano stati arrestati solo perché non condividevano la sua politica. I loro corpi furono a lungo esposti al dileggio dei fanatici fascisti milanesi.
Ho voluto ricordare dettagliatamente questi martiri perché mi sento scandalizzato ogni volta che qualcuno stigmatizza l’esposizione dei corpi del Dittatore e della sua Amante. Ma perché non fu lui stesso a dire ai suoi seguaci “ se indietreggio fucilatemi”! E quale pietà avrebbe potuto invocare una persona che ha distrutto un paese,mandato a morire milioni di uomini e perfino fatto ammazzare il marito di sua figlia e padre dei suoi nipoti, soltanto perché, da persona assennata, gli aveva suggerito di uscire da una guerra che stava già andando male? Scusatemi se per questo ho calcato la mano, non amo le ipocrisie, Andiamo avanti, dunque.
Pochi giorni dopo il suo arresto furono presi e condannati a morte molti dei gerarchi fascisti.
Viene nominato un governo provvisorio retto da Ferruccio Parri, a cui seguirà il governo De Gasperi. Vittorio Emanuele III abdica a favore del figlio Umberto.
Viene indetto il referendum per la scelta tra monarchia e repubblica; il 2 giugno 1946 gli italiani vengono chiamati alle urne e scelgono lo Stato Repubblicano. Alcide De Gasperi, con una mossa intelligente, si proclama Capo Provvisorio dello Stato della Repubblica Italiana. Umberto di Savoia parte per l’esilio. Viene eletta l’Assemblea Costituente.


LETTURA DI LETTERE DI CONDANNATI

Albino Albico
Di anni 24 - operaio fonditore - nato a Milano il 24 Novembre 1919. Prima dell'8 Settembre 1943 svolge propaganda e diffonde stampa antifascista. Arrestato il 28 Agosto 1944 - sommariamente processato - e fucilato lo stesso 28 Agosto, contro il muro di Via Tibaldi a Milano.
Carissimi, mamma, papa, fratello sorella e compagni tutti, mi trovo senz'altro a breve distanza dall'esecuzione. Mi sento però calmo e muoio sereno e con l'animo tranquillo. Contento di morire per la nostra causa: il comunismo e per la nostra cara e bella Italia. Il sole risplenderà su noi "domani "perché TUTTI riconosceranno che nulla dì male abbiamo fatto noi. Voi siate forti come lo sono io e non disperate. Voglio che voi siate fieri ed orgogliosi del vostro Albuni che sempre vi ha voluto bene

Achille Barilatti detto Gilberto della Valle
Di anni 22 - studente in scienze economiche e commerciali - nato a Macerata il 16 Settembre 1921. Tenente di complemento di Artiglieria, dopo 1'8 Settembre 1943 raggiunge Vestignano sulle alture maceratesi, dove nei mesi successivi si vanno organizzando formazioni partigiane. Catturato all'alba del 22 Marzo 1944 ed interrogato da un ufficiale tedesco e da uno fascista. Fucilato senza processo il 23 Marzo, contro la cinta del cimitero di Muccia.
Mamma adorata, quando riceverai la presente sarai già straziata dal dolore. Mamma, muoio fucilato per la mia idea. Non vergognarti di tuo figlio, ma sii fiera di lui. Non piangere Mamma, il mio sangue non si verserà invano e l'Italia sarà di nuovo grande. Da Dita Marasli di Atene potrai avere i particolari dei miei ultimi giorni. Addio Mamma, addio Papà, addio Marisa e tutti i miei cari; muoio per l'Italia. Ricordatevi della donna di cui sopra che tanto ho amata. Ci rivedremo nella gloria celeste. Viva l’ITALIA LIBERA! Achille

Franco Balbis detto Francis
Di anni 32 - uffìciale in Servizio Permanente Effettivo - nato a Torino il 16 ottobre 1911 - Capitano di Artiglieria in Servizio di Stato Maggiore, combattente a Ain El Gazala, El Alamein ed in Croazia, decorato di Medaglia d'Argento, di Medaglia di Bronzo e di Croce di Guerra di 1a Classe - all'indomani dell'8 settembre 1943 entra nel movimento clandestino di Torino - è designato a far parte del 1° Comitato Militare Regionale Piemontese con compiti organizzativi e di collegamento -. Arrestato il 31 marzo I944, da elementi della Federazione dei Fasci Repubblicani di Torino, mentre partecipa ad una riunione del CMRP nella sacrestia di San Giovanni in Torino -. Processato nei giorni 2-3 aprile 1944 dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato -. Fucilato il 5 aprile 1944 al Poligono Nazionale del Martinetto in Torino, da plotone di militi della GNR, con Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Bracciní, Errico Giachino, Eusebio Giambone, Massimo Montano e Giuseppe Perotti -. Medaglia d'Oro e Medaglia d'Argento al Valor Militare.

Torino, 5 aprile 1944                                                                                   
La Divina Provvidenza non ha concesso che io offrissi all'Italia sui campi d'Africa quella vita che ho dedicato alla Patria il giorno in cui vestii per la prima volta il grigioverde. Iddio mi permette oggi di dare l'olocausto supremo di tutto me stesso all'Italia nostra ed io ne sono lieto, orgoglioso e felice! Possa il mio sangue servire per ricostruire l'unità italiana e per riportare la nostra Terra ad essere onorata e stimata nel mondo intero. Lascio nello strazio e nella tragedia dell'ora presente i miei Genitori, da cui ho imparato come si vive, si combatte e si muore; li raccomando alla bontà di tutti quelli che in terra mi hanno voluto bene. Desidero che vengano annualmente celebrate, in una chiesa delle colline torinesi due messe: una il 4 dicembre anniversario della battaglia di Ain el Gazala; l'altra il 9 novembre, anniversario della battaglia di El Alamein; e siano dedicate e celebrate per tutti i miei Compagni d'armi, che in terra d'Africa hanno dato la vita per la nostra indimenticabile Italia. Prego i miei di non voler portare il lutto per la mia morte; quando si è dato un figlio alla Patria, comunque esso venga offerto, non lo si deve ricordare col segno della sventura. Con la coscienza sicura d'aver sempre voluto servire il mio Paese con lealtà e con onore, mi presento davanti al plotone d'esecuzione col cuore assolutamente tranquillo e a testa alta.                  
Possa il mio grido di "Viva l'Italia libera" sovrastare e smorzare il crepítio dei moschetti che mi daranno la morte; per il bene e per l'avvenire della nostra Patria e della nostra Bandiera, per le quali muoio felice

Irma Marchiani detta Anty
Di anni 33 - casalinga - nata a Firenze il 6 febbraio 1911 -. Nei primi mesi del 1944 è informatrice e staffetta di gruppi partigiani formatisi sull'Appennino modenese - nella primavera dello stesso anno entra a far parte del Battaglione " Matteotti ", Brigata " Roveda ", Divisione "Modena" - partecipa ai combattimenti di Montefiorino - catturata mentre tenta di far ricoverare in ospedale un partigiano ferito, è seviziata, tradotta nel campo di concentramento di Corticelli (Bologna), condannata a morte, poi alla deportazione in Germania - riesce a fuggire - rientra nella sua formazione di cui è nominata commissario, poi vice-comandante - infermiera, propagandista e combattente, è fra i protagonisti di numerose azioni nel Modenese, fra cui quelle di Monte Penna, Bertoceli e Benedello -. L'11 novembre 1944, mentre con la formazione ridotta senza munizioni tenta di attraversare le linee, è catturata, con la staffetta "Balilla", da pattuglia tedesca in perlustrazione e condotta a Rocca Cometa, poi a Pavullo nel Frignano (Modena) -. Processata il 26 novembre I944, a Pavullo, da ufficiali tedeschi del Comando di Bologna -. Fucilata alle ore 17 dello stesso 26 novembre 1944, da plotone tedesco, nei pressi delle carceri di Pavullo, con Renzo Costi, Domenico Guidani e Gaetano Ruggeri "Balilla") -. Medaglia d'Oro al Valor Militare.

Sestola, da la "Casa del Tiglio", 1° agosto 1944
Carissimo Piero, mio adorato fratello, la decisione che oggi prendo, ma da tempo cullata, mi detta che io debba scriverti queste righe. Sono certa mi comprenderai perché tu sai benissimo di che volontà io sono, faccio, cioè seguo il mio pensiero, l'ideale che pur un giorno nostro nonno ha sentito, faccio già parte di una Formazione, e ti dirò che il mio comandante ha molta stima e fiducia in me. Spero di essere utile, spero di non deludere i miei superiori. Non ti meraviglia questa mia decisione, vero?                   
Sono certa sarebbe pure la tua, se troppe cose non ti assillassero. Bene, basta uno della famiglia e questa sono io. Quando un giorno ricevetti la risposta a una lettera di Pally che l'invitavo qui, fra l'altro mi rispose "che diritto ho io di sottrarmi al pericolo comune?" t vero, ma io non stavo qui per star calma, ma perché questo paesino piace al mio spirito, al mio cuore. Ora però tutto è triste, gli avvenimenti in corso coprono anche le cose più belle di un velo triste. Nel mio cuore si è fatta l'idea (purtroppo non da troppi sentita) che tutti più o meno è doveroso dare il suo contributo. Questo richiamo è così forte che lo sento tanto profondamente, che dopo aver messo a posto tutte le mie cose parto contenta. "Hai nello sguardo qualcosa che mi dice che saprai comandare", mi ha detto il comandante, "la tua mente dà il massimo affidamento; donne non mi sarei mai sognato di assumere, ma tu sì". Eppure mi aveva veduto solo due volte.                 
Saprò fare il mio dovere, se Iddio mi lascierà il dono della vita sarò felice, se diversamente non piangere e non piangete per me.                                
Ti chiedo una cosa sola: non pensarmi come una sorellina cattiva. Sono una creatura d'azione, il mio spirito ha bisogno di spaziare, ma sono tutti ideali alti e belli. Tu sai benissimo, caro fratello, certo sotto la mia espressione calma, quieta forse, si cela un'anima desiderosa di raggiungere qualche cosa, l'immobilità non è fatta per me, se i lunghi anni trascorsi mi immobilizzarono il fisico, ma la volontà non si è mai assopita. Dio ha voluto che fossi più che mai pronta oggi. Pensami, caro Piero, e benedicimi. Ora vi so tutti in pericolo e del resto è un po' dappertutto. Dunque ti saluto e ti bacio tanto tanto e ti abbraccio forte.
Tua sorella  Paggetto
Ringrazia e saluta Gina.
Prigione di Pavullo, 26.11.1944
Mia adorata Pally, sono gli ultimi istanti della mia vita. Pally adorata ti dico a te saluta e bacia tutti quelli che mi ricorderanno. Credimi non ho mai fatto nessuna cosa che potesse offendere il nostro nome. Ho sentito il richiamo della Patria per la quale ho combattuto, ora sono qui... fra poco non sarò più, muoio sicura di aver fatto quanto mi era possibile affinché la libertà trionfasse.
Baci e baci dal tuo e vostro Paggetto
Vorrei essere seppellita a Sestola.
Aldo Mei
Di anni 32 - sacerdote - nato a Ruota (Lucca) il 5 marzo 1912 -.Vicario Foraneo del Vicariato di Monsagrati (Lucca) - aiuta renitenti alla leva e perseguitati politici - dà ai partigiani assistenza religiosa -. Arrestato il 2 agosto 1944 nella Chiesa di Fiano, ad opera di tedeschi, subito dopo la celebrazione della Messa - tradotto a Lucca, sotto l'imputazione di avere nascosto nella propria abitazione un giornalista ebreo-. Fucilato alle ore 22 del 4 agosto 1944, da plotone tedesco.
Babbo e Mamma, state tranquilli - sono sereno in quest'ora solenne. In coscienza non ho commesso delitti: solamente ho amato come mi è stato possibile. Condanna a morte - I° per aver protetto e nascosto un giovane di cui volevo salva l'anima, 2° per aver amministrato i sacramenti ai partigiani, e cioè aver fatto il prete. Il terzo motivo non è nobile come i precedenti - aver nascosto la radio. …
Muoio travolto dalla tenebrosa bufera dell'odio io che non ho voluto vivere che per l'amore! << Deus Charitas est>> e Dio non muore. Non muore l'Amore! Muoio pregando per coloro stessi che mi uccidono. Ho già sofferto un poco per loro..... Muoio anzitutto per un motivo di carità. Regina di tutte le virtù Amate Dio in Gesù Cristo, amatevi come fratelli. Muoio vittima dell'odio che tiranneggia e rovina il mondo - muoio perché trionfi la carità cristiana.
Amate la Chiesa - vivete e morite per Lei - è la Vita e la Morte veramente più bella…
…Tutto il popolo ricordi e osservi il voto collettivo di vita cristiana. Fuggite tutti il peccato unico vero male che attrista nel tempo e rovina irreparabilmente nella eternità.
Grazie a quanti hanno gentilmente alleviato, con preghiere e con altro la mia prigionia e la mia morte
Il povero Don Aldo Me

Lorenzo Viale
Di anni 27 - ingegnere alla FIAT di Torino - nato a Torino il 25 dicembre 1917 -. Addetto militare della squadra "Diavolo Rosso", poi ufficiale di collegamento dell'organizzazione "Giovane Piemonte" - costretto a lasciare Torino, si unisce alle formazioni operanti nel Canavesano -. Catturato l'8 dicembre 1944 a Torino, nella propria abitazione, in seguito a delazione, per opera di elementi delle Brigate Nere, essendo sceso dalla montagna nel tentativo di salvare alcuni suoi compagni -. Processato l'8 febbraio 1945, dal Tribunale Co:Gu: (Contro Guerriglia) di Torino, perché ritenuto responsabile dell'uccisione del prefetto fascista Manganiello -. Fucilato l'11 febbraio 1945 al Poligono Nazionale del Martinetto in Torino, da plotone di militi della GNR, con Alfonso Gindro ed altri tre partigiani.
Torino, 9 febbraio 1945

Carissimi,
una sorte dura e purtroppo crudele sta per separarmi da voi per sempre. Il mio dolore nel lasciarvi è il pensiero che la vostra vita è spezzata, voi che avete fatti tanti sacrifici per me, li vedete ad un tratto frustrati da un iniquo destino. Coraggio! Non potrò più essere il bastone dei vostri ultimi anni ma dal cielo pregherò perché Iddio vi protegga e vi sorregga nel rimanente cammino terreno. La speranza che ci potremo trovare in una vita migliore mi aiuta a sopportare con calma questi attimi terribili. Bisogna avere pazienza, la giustizia degli uomini, ahimè, troppo severa, ha voluto così. Una cosa sola ci sia di conforto: che ho agito sempre onestamente secondo i santi principi che mi avete inculcato sin da bambino, che ho combattuto lealmente per un ideale che ritengo sarà sempre per voi motivo di orgoglio, la grandezza d'Italia, la mia Patria: che non ho mai ucciso, né fatto uccidere alcuno: che le mie mani sono nette di sangue, di furti e di rapine. Per un ideale ho lottato e per un ideale muoio. Perdonate se ho anteposto la Patria a voi, ma sono certo che saprete sopportare con coraggio e con fierezza questo colpo assai duro.
Dunque, non addio, ma arrivederci in una vita migliore. Ricordatevi sempre di un figlio che vi chiede perdono per tutte le stupidaggini che può aver compiuto, ma che vi ha sempre voluto bene.
Un caro bacio ed abbraccio

Renzo
E nel Molise cosa avviene?
Prima di riferire sugli avvenimenti di terra nostra, devo ricordare un giovane partigiano molisano Mario Brusa Romagnoli; questo giovane nato a Guardiaregia nel 1924, che fin da bambino si trasferì Torino per motivi di lavoro, a 19 anni entrò a far parte della Banda Pugnetto con lo pseudonimo di “Nando”, combattendo sulle montagne genovesi. Ferito in uno scontro, fu arrestato. Riuscì a fuggire dal carcere e si unì alla formazione Mauri, operante a Torino. Insieme con altri compagni,incaricati di assaltare un convoglio ferroviario tedesco sulla linea Torino-Milano, all’altezza di Brussasco Cavagnolo. Nello scontro a fuoco fu ferito nuovamente e catturato, il 25 marzo 1945. Condotto a Livorno Ferraris, fu fucilato il 30 marzo nella piazza Galileo Ferraris; il plotone di esecuzione era composto di italiani della Monterosa. Prima di essere fucilato scrisse una toccante lettera alla madre, chiedendo di essere sepolto al canto al fratello Filippo. Morì gridando come tutti gli eroi “Viva l’Italia!”. A Lui fu concessa dapprima la medaglia d’argento e poi, nel 1965, nel ventennale della Resistenza, la medaglia d’oro, su iniziativa dell’Amministrazione Prov.le di Vercelli.

Continuando nella esposizione dei fatti molisani, diciamo, subito, che Radio Londra, alle ore 15,30 dell’8 settembre, diffuse la notizia ed un minuto dopo alcuni giovani universitari  campobassani scesero in strada gridando: La guerra è finita! È finita la guerra! E la gente in strada corse ad abbracciarsi e a sorridere. Ma i poliziotti increduli li fermarono,  li portarono in questura, tolsero loro lacci e le scarpe e li rinchiusero in guardina. Poi dopo alcune ore dovettero rilasciarli perché le pressioni dei genitori ( alcuni erano personaggi in vista )  s’erano fatte pericolose. Ecco come reagì il potere nella nostra città!

Dovette passare ancora qualche giorno per renderci conto che effettivamente la guerra  era finita ma solo contro gli alleati, poiché in città incominciarono ad arrivare gli sbandati, alla men peggio, con qualsiasi mezzo. Li vedevi stanchi, buttati a terra, affamati. Le case si riempirono di profughi, molti provenienti dalla vicina Campania.

Nel contempo, nei giorni successivi, in città arrivarono altre truppe tedesche che dall’Abruzzo indietreggiavano verso Roma. In quei giorni la città era affamata, ci furono molti episodi di furti. Le truppe tedesche portavano via tutto ciò che serviva per il loro vettovagliamento. Nei giorni tra il 7 e  il 13 ottobre la città fu cannoneggiata; le granate passavano sopra di noi, mia madre diceva che andavano a cadere verso Vinchiaturo. Una di esse cadde sul Seminario e colpì il vescovo Mons Secondo Bologna, che la sera dell’11 stava raccolto in preghiera nella cappella.

 Le ultime truppe tedesche si preparavano ad andare verso Roma, fecero saltare le tubature dell’acqua e del gas; fecero saltare i magazzini, il gasometro e i depositi di carburante. Portarono via animali da macellare, specie maiali, lasciando nello sconforto coloro che erano stati i legittimi proprietari.  In città erano rimasti una trentina di soldati che sparavano di tanto in tanto qualche colpo di obice tanto per far notare la loro presenza.

Ci furono alcune persone che si recarono nei pressi del cimitero ed  avvisarono gli alleati che i tedeschi si stavano dirigendo verso Roma e che la città ormai era indifesa. Le truppe alleate finalmente entrarono in città: era il 14 ottobre, al mattino. Erano canadesi e polacchi.  Ed ora finalmente la gente scese in strada ad accoglierli e a festeggiarli. I soldati distribuivano sigarette e cioccolata  e scatolette di carne.  

Da noi dopo l’8 settembre avvengono isolati episodi di resistenza contro i tedeschi; mentre forte è la rabbia contro i simboli del fascismo e qualche vendetta verso alcuni gerarchi: ad esempio a san Giovanni in Galdo il Potestà fu scacciato dalla sua abitazione da alcuni uomini del paese e trascinati in piazza a colpi di calci nel sedere, mentre la popolazione assaliva i suoi magazzini , in cui avevano trovato ogni ben di Dio : grosse casse di pasta, lardo, prosciutti, salami, scatolette di tonno, farina, legumi ed ogni sorta di vettovaglia. A Duronia, a Montelongo, a Macchiavalfortore ed in altri paesi vengono occupate le sedi del Fascio. Furono liberati i politici e gli ebrei che erano reclusi nei campi di concentramento di Vinchiaturo, Casacalenda, Boiano, Agnone e Isernia. Furono arrestati e portati a san Giovnni in Galdo il Podestà Correra e il Preside Fraticelli; altri come Guido Iamiceli, Renato Pistilli furono fermati Processati vengono tutti rimessi in libertà, dopo un breve periodo di prigionia a Padula; solo qualcuno fu mandato per un breve periodo presso un campo di prigionia inglese. Ci fu un morto in Via Veneto, un maggiore della milizia, che fu assalito da alcuni civili e soldati rientrati, ma il morto ci scappò perché la figlia di costui aveva collaborato con i tedeschi, come interprete. Alcuni personaggi, che non intendo ricordare per decenza, aiutarono gli americani ad arrestare i fascisti che avevano avuto qualche minima responsabilità; ma non mancarono piccole vendette personali.
Riprendendo il filo del discorso, non possiamo ignorare quei martiri che sono stati trucidati dai tedeschi in ritirata per aver tentato o pensato soltanto una parvenza di opposizione allo strapotere nazista: primi fra tutti i martiri di Fornelli, impiccati il 27 ottobre 1943: avv. Giuseppe Laurelli, podestà, don Antonio D’Ambrosio, parroco, Giuseppe Castaldi, Vincenzo Castaldi, Celestino Lancellotta, Domenico Lancellotta, Michele Petrarca tutti liberi cittadini: A Lucito, ci racconta in un suo scritto quello che fu nostro comune amico, Luluccio De Rubertis, che un povero contadino , cercando di difendere l’unico suo bene, l’asino, che gli veniva requisito senza tanti complimenti, addentò con un morso il soldato per fargli mollare la cavezza, ebbene costui che risponde al nome di Alessandro Baccaro, fu costretto a scavarsi la fossa prima di essere fucilato all’interno di essa; dopo di che, non contenti gli incendiarono la casa in paese. Ma ce ne sono tanti altri di episodi da raccontare, ma la lista sarebbe lunga ed io mi fermo anche perché, i nostri martiri rappresentano una bazzecola rispetto alla enorme quantità di cittadini uccisi per rappresaglia nel resto dell’Italia!
Se noi volessimo ripagare il popolo tedesco con la stessa medaglia, facendo un calcolo approssimativo e cambiando le proporzioni, sapendo che per un soldato tedesco morto ne giustiziarono mediamente dodici civili italiani , noi ne dovremmo ammazzare dieci volte 12 soldati tedeschi per ogni nostro povero civile a cui fu tolta la vita, poiché i nostri erano persone che non avevano fatto male a nessuno; ed allora non so se una città come Bonn potesse ancora esistere! Scusatemi per la digressione, ma chi non tiene in conto la vita dei poveri cristi mi fa arrabbiare! Io non potrò mai dimenticare.
Sul piano militare vero e proprio c’è da ricordare il contributo dato dagli alpini molisani alla costituzione del Battaglione “Piemonte” che si era trasferito nell’Alto Molise e che si era dimostrato forza determinante per la conquista di Monte Marrone., ultimo ostacolo per l’avanzata alleata
La compagnia molisana era comandata dal capitano Ezio Campanella di Boiano.
Avviandomi a chiudere questo mio modesto intervento, dico che il 25 aprile 1946 segna il culmine del risveglio della coscienza nazionale. Alla Liberazione della Patria nostra si poté arrivare grazie al sacrificio di tanti giovani, ragazzi e ragazze ( una per tutte Tina Anselmi a cui va principalmente la mia stima e la mia simpatia), ragazzi, ripeto, che pur appartenendo ad ampio schieramento politico, si chiamavano tutti con una parola sola: Partigiani e che combatterono al fianco di molti soldati, provenienti da paesi lontani e diversi ( Stati Uniti d’America, Australia, Inghilterra, Francia, questi ultimi includevano nelle loro file popolazioni diverse: indiani, polacchi, marocchini, brasiliani e democratici di tutto il mondo), ma tutti accolti come alleati.
Quindi fu dunque la Resistenza partigiana a riscattare il nostro onore e la dignità del nostro paese. Fu dunque essa che alimentò la sete di riscatto e che ci condusse il 2 giugno 1946 alla Repubblica Italiana, fondata sulla Pace, sul Lavoro e sullo Sviluppo.
Concludendo, non posso fare a meno di chiudere senza ricorrere a quanto scritto dall’Associazione Nazionale Partigiani, e di riferire pure alcune parole dette negli anni addietro dal presidente Ciampi e dal presidente dell’ANPI Paolo Emilio Taviani:.
“Certamente, la Resistenza fu una guerra, dura, con tutti i sacrifici e gli immani dolori . Ma fu anche il nuovo Risorgimento; una forza popolare che germinò spontanea e genuina acquistando, gradatamente, coscienza e consapevolezza, per divenire poi la rappresentanza viva e legittima presa di coscienza di un intero popolo che anelava ad una nuova vita.
E oggi, quelle aspirazioni, sono base vitale ed operante della nostra vita civile.
Una Resistenza che, contrariamente a quanto taluni sostengono, ha avuto un supporto prezioso ed indispensabile nella partecipazione popolare, in quella “resistenza civile” che permise alle forze partigiane di riuscire anche là dove l’insufficienza dei mezzi e di organizzazione avrebbe potuto far segnare una partita perduta.
E, alla Resistenza,anche i cattolici vi parteciparono con proprie formazioni partigiane, ma anche all’interno di formazioni di diverso orientamento ideologico (comunisti, democristiani, socialisti, repubblicani, liberali, azionisti e anche militari “alla macchia”). Non raramente, la scelta della formazione fu casuale, dovuta a motivi contingenti e territoriali che non consentivanon alternative.
L’obiettivo primario era la lotta al governo illegittimo imposto con la forza dal tedesco invasore.
Si combatteva per la libertà dell’Italia e degli italiani, rimandando a dopo la vittoria l’esternazione di una eventuale appartenenza politica, pur nel comune intento dell’affermazione dei valori di libertà e di democrazia, manifestatisi poi nella elaborazione della Costituzione repubblicana.
Non a caso, in più occasioni, l’allora Presidente della Repubblica  Carlo Azeglio Ciampi, ebbe a dire che “La Resistenza vive nella Costituzione”. Essa, infatti, è stata la grande conquista della nostra lotta di Liberazione e non vi è dubbio che si è nel giusto quando si afferma che la Costituzione ha le sue basi nella Resistenza”.
Un protagonista della lotta partigiana, Paolo Emilio Taviani, era categorico nell’affermare che “dalla Resistenza è nata la Repubblica ”, osservando che “la libertà del 1945 e di oggi non ci fu portata in dono, ma la conquistammo, certo non da soli (quale fu il popolo che da solo vinse la guerra?) ma anche noi partecipammo alla sua conquista: vi partecipammo con la sofferenza, il sacrificio, l’olocausto. Non la ricevemmo in dono: questo fu il frutto più prezioso del secondo Risorgimento nazionale”.

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