DALLA VITE AL VINO

Categoria: Tradizioni e prodotti Pubblicato: Lunedì, 07 Ottobre 2019 Scritto da ugo

DALLA VITE AL VINO

  uva in cassettauva in cassetta

L'uva è un frutto prelibato, caratteristico della nostra nazione mediterranea, cioè l'Italia.

 Il grappolo di uva è l'insieme di tanti chicchi.tintigliagrappolo di tintiglia

 Il chicco di uva è detto anche acino di uva.

Il chicco è di forma ovale o tonda, è di colore violetto o dorato, è liscio, tenero e fresco.

Ogni chicco è formato dalla parte esterna detta buccia, dalla polpa e dai semi.

La buccia è liscia e sottile; la polpa è succosa e molto tenera.

I semi sono piccoli, duri, di colore marrone ed hanno la forma di una pera.

Il chicco di uva è molto dolce, saporito. Sulla buccia si nota una leggera patina cerosa, contenente pruina ed altre sostanze utili ad arricchirne il gusto. Mangiato è molto gustoso.

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I rami della vite si chiamano tralci.

Le foglie della vite si chiamano pampini.

Sul tralcio vi sono diversi viticci.

 I viticci sono dei prolungamenti fini e lunghi; servono alla vite per aggrapparsi ai sostegni.

L'uva si mangia come frutta. 

La pianta da cui si raccoglie l'uva si chiama vite.ViteVite

 Quando l'uva raggiunge la piena maturazione, cioè alla fine del mese di agosto per le uve bianche (paesi caldi come Larino, Termoli ecc) e primi di settembre in quelli più a monte, fine settembre per le uve nere nei paesi caldi, successivamente e a fine ottobre nei paesi situati a quote altimetriche più alte.

Dicevamo, quando l'uva raggiunge la piena maturazione va raccolta, perché se venisse  lasciata sulla pianta gli uccelli e le api la mangerebbero e andrebbe perduta, oppure infettata da germi cattivi per la vinificazione..

La raccolta dell’uva si chiama vendemmia.

(dal lat. Vindemia: composto dalla radice vin  di vinum (che a sua volta deriva dal greco oinos= uva) e da demia ( da demere cioè prendere); quindi significa prendere l’uva.) Nel vecchio calendario repubblicano francese c’era il mese  vendemiaio che andava dal 22 settembre al 21 ottobre, cioè proprio nei giorni della vendemmia.

La vinificazione è uno dei modi di conservare i principi nutritivi dell'uva.

Si raccoglie l'uva matura nei secchi di plastica o nelle vaschette di plastica. Una volta si usavano cesti di vimini, oggi non più perché non garantiscono una perfetta pulizia.

L’uva veniva posta in un apposito recipiente di legno detto palmento e veniva pigiata.

 Pigiare vuol dire saltellare con i piedi sull'uva fino a spremerla tutta, rompendo tutti i chicchi dell'uva, come si faceva una volta.

L'uva, una volta pigiata, si chiama vinaccia.PigiatricePigiatrice

Oggi si usano strumenti come la deraspatrice e la pigiatrice.

Per spremere meglio l'uva si usa uno strumento meccanico detto torchio.

 Il torchio ha al centro una vite molto lunga.

Girando la parte superiore del torchio, detta chiocciola

essa si abbassa, premendo e schiacciando la vinaccia fino a fare uscire tutto il mosto.

Mosto è il succo di uva una volta spremuta.contenitore vinacciacontenitore vinaccia

Il mosto si versa in un contenitore di vetro che può essere una bottiglia o bottiglione o una damigiana.

Nelle grosse aziende agricole si usano i tini, che sono dei contenitori di legno, togato, di varie grandezze. Oggi sono molto usati per la loro igienicità recipienti di acciaio inox.

Si lascia fermentare il mosto, lasciando il contenitore di vetro, o il tino, aperto in un luogo aerato. (fermentare significa lievitare, specie di trasformazione energetica che avviene in presenza di lieviti, in assenza di ossigeno).

Sulla superficie si formano numerose bollicine.

Se prendiamo una goccia di mosto e lo mettiamo sul vetrino di un microscopio, vediamo tanti piccolissimi organismi in continuo movimento.

Il microscopio è uno strumento che ingrandisce le cose e le fa sembrare più grandi.

E composto da una o più lenti che ingrandiscono le cose, altrimenti invisibili ad occhio nudo o con  gli occhiali, in modo da poterle osservare meglio.

Questi organismi microscopici, non visibili ad occhio nudo, si chiamano saccaromiceti. (da saccaro (zucchero)+ myces (fungo), quindi i saccaromiceti sono dei funghi microscopici.

Essi sono esseri viventi e si nutrono dello zucchero contenuto nel mosto.

Essi trasformano, per mezzo di enzimi (dal greco zimé che significa lievito) lo zucchero del mosto in alcool, liberando anidride carbonica, ( quando il grado alcoolico dei vini arriva a 16 gradi i saccaromiceti smettono di mangiare zucchero.

L'anidride carbonica è un gas tossico, cioè velenoso,

I saccaromiceti sono sempre al lavoro; questo lavoro determina la fermentazione.

Attenzione!Durante la fermentazione si liberano dei gas nocivi per cui la stanza deve essere aerata; cioè dobbiamo lasciare una finestra o una porta aperta, in modo da favorire il ricambio dell'aria.

Qualora si entrasse nel locale in cui fermenta il mosto, se privo di finestra oppure con finestra chiusa, dobbiamo lasciare aperta la porta per diversi minuti, prima di potervi accedere.

La fermentazione dura circa un mese; alla fine si chiude il contenitore.

Quando arriva circa metà novembre il mosto è diventato vino.

Il vecchio proverbio dice: a San Martino (11 novembre) ogni mosto diventa vino.

Riepilogando, diciamo quindi:

La vendemmia è l'operazione di raccogliere l'uva e fare il vino.

Vendemmiare significa fare la vendemmia.

Personaggi della vendemmia:

Vendemmiatore: l'uomo che vendemmia.

Vendemmiatrice: la donna che vendemmia.

Vendemiaio è il mese del calendario napoleonico durante il quale si vendemmia.

 Proverbio

Un po’ di Ecologia:

L’anidride carbonica è un gas tossico. In natura essa è presente nella terra, nell’acqua e nell’aria in minima quantità perché è necessaria per la natura del pianeta Terra.

Oggi spesso sentiamo parlare  di inquinamento per aumento di anidride carbonica nell’atmosfera.

Dobbiamo sapere che l’inquinamento è dovuto non alla presenza di tale gas già esistente alle origini del pianeta, ma a tutta quella quantità di gas che noi uomini immettiamo nell’atmosfera con le nostre attività industriali, di trasporto (macchine, aerei, navi ecc) e con gli incendi. Quindi se vogliamo bene al nostro pianeta TERRA, dobbiamo fare in modo di inquinare di meno.

Per togliere questo gas dall’atmosfera servono gli alberi.

Gli alberi e le altre piante sono i mangiatori del carbonio in eccesso nell’aria. Essi di giorno mangiano il carbonio dell’anidride, che trasformeranno in zuccheri per il loro nutrimento, e liberano l’ossigeno necessario alla nostra vita. Questo avviene di giorno, cioè con la presenza della luce solare che favorisce la fotosintesi clorofilliana.

La Fotosintesi clorofilliana è un processo chimico, naturale, per mezzo del quale le piante producono carboidrati (zuccheri) in presenza del sole, mediante l’assorbimento dell’anidride carbonica presente  nell’aria e liberano l’ossigeno.

L’ossigeno è un gas utile all’uomo e agli altri esseri viventi.

Quindi è importante rispettare gli alberi e le altre piante presenti in natura.

 Proverbi

Vigna e uorte vuonne l’ome muorte.

(Vigna e orto vogliono l'uomo morto)

U vine de cantine porta all’amare de farmacia.

(Il vino di cantina porta all'amaro di farmacia)

U vine buone ze venne senza frasche.

(Il vino buono si vende senza frasca)

U vine ha da tené sapore, u pane u chelore.

(Il vino deve tenere il sapore, il pane il colore)

U vine è cummé u vasce: une sule nne stuta sete.

(Il vino è come il bacio: uno solo non spegne sete)

U vine è u latte de le viecchie.

(Il vino è il latte dei vecchi)

U vine fa sanghe, la carne  fa carne, la fatia fa jettà u sanghe.

(Il vino fa sangue, la carne fa carne, la fatica fa buttare il sangue)

U vine o u puorte tu, o te porte isse a te.

(Il vino o lo porti tu, o porta esso a te)

    

UN PO’ DI STORIA E CURIOSITA’ PER  SAPERNE DI PIU’

Il vino è uno degli esiti più preziosi che la terra produce da migliaia di anni, resistendo brillantemente alle più moderne proposte di bevande che cercano di imporsi come alternativa.

L’uso terapeutico e medicinale  era conosciuto già nell’antichità. Alcuni grandi medici del passato lo utilizzavano per la preparazione di medicamenti a base di erba: Ippocrate, Galeno, Dioscoride e la Scuola Salernitana in particolare.

Esso compare nella letteratura, nelle tradizioni, nelle religioni di  molti popoli e civiltà. Anche  nell’Odissea di Omero se ne  parla dell’uso che ne fanno i suoi personaggi eroici; è superba la scena di Ulisse che fa ubriacare e addormentare Polifemo per poter guadagnare la libertà e la vita.

Il vino, bevanda e alimento, inebriante fondamento di amicizia, essenza misteriosa in continuo movimento e trasformazione.

Il vino è come la donna: Prima bisogna conoscerla ed amarla per apprezzarne le virtù. Non è bevanda per ubriaconi ed ignoranti: la scelta di un vino per pasteggiare è segno di cultura e stile di vita.

Cenni storici: Alcuni fossili di vite risalgono a 50 milioni di anni fa, ma trattasi di piante che non producevano frutti. Ma tutti sanno che Noè sia stato  il primo  coltivatore di vite fruttifera, ma anche il primo uomo  ad ubriacarsi.

 Alcuni popoli conoscevano il succo dell’uva da tempi remoti. A Babilonia fu rinvenuto un sigillo risalente a  6000 anni fa, che serviva per la marchiatura delle anfore usate come contenitori di vino. Perfino nelle Piramidi vennero trovate tracce di vinaccioli.

Dopo i Sumeri, gli Egizi furono i primi consumatori di vino anche se esso era riservato ai sacerdoti ed ai guerrieri.

Molti altri popoli come gli Assiri, gli Ittiti, gli Etruschi contribuirono allo sviluppo della viticoltura, fino ad arrivare ai Greci, ai Romani, ai Fenici che diedero impulso al consumo e alla diffusione del  vino.

Nel Vecchio Testamento, Ecclesiastico vv. 31, 27, 28,  leggiamo: Il vino bevuto in tempi e quantità giuste  è gaiezza del cuore, gioia dell’anima.

Nel territorio sannita la presenza di vite fruttifera spontanea è documentata da molti reperti rinvenuti in scavi antichi e recenti, ma la presenza  di torchi e scarti della lavorazione dell’uva nei siti archeologici testimoniano che le tribù sannite già conoscevano questa preziosa bevanda, che si potrebbe supporre abbiano conosciuto con i contatti di Greci ed Etruschi, ma anche con i Fenici, come testimonia  il ritrovamento di monete fenicie nel sito archeologico di Monte Vairano.

Vitigni antichissimi dell’antico Sannio sono  i Moscati, le Malvasie, il Fiano, varietà di uve del gruppo  Apiane citate da Plinio il Vecchio nella sua opera naturalistica.

Anfore risalenti al V° secolo a.C. sono state rinvenute a San Martino in P. in un pozzo di una antica villa rustica.

Certamente la viticoltura ha fatto tanta strada. Oggi le varietà di vitigni si sono sviluppate. È migliorata la lavorazione, è migliorata la vinificazione, è migliorata la conservazione. Sono migliorate anche le garanzie per i consumatori; abbiamo vini DOC, e vini DOCG, VINI IGT, VDT  che rappresenta la categoria riguardante i vini da tavola.

Ogni regione possiede alcuni vini DOC, così pure noi abbiamo ad esempio la Tintiglia, vitigno probabilmente di origine  ispanica coltivato a Ferrazzano (CB), in particolare e nei paesi del Molise centrale da almeno cinque secoli.

Voglio ricordare alcune delle principali qualità di uve coltivate in Molise da almeno due secoli: Acciapparone, Agnaruolo, Amorese, Biancariano, Bianca gentile di Monacilioni,  Bombino o Bambino, Borginello, Cacaccione, Cacciadebiti, Cacciuno  e Cacciunella, Canaiola, Campanile, Cascarello, Ciapparone, Fumaiolo, Greco, Malvasia, Morese,, Moscato ( in tutte le varietà:  giallo, rosa e nero d’Amburgo o nero d’Adda), Moscatello, Pampina bianca, Pantolina, Sambucara, Trebbiano e Uvazza, Aglianico ( chiamato dal Galanti il Mangiaguerra ( in tutte le sue varietà amaro, dolce,piccolo); e  da almeno un secolo: Aleatico, Barbera, Bombino nero, Ciapparone nero, Cerasola, Coracane, Fina, Foiano, Lagrina, Maglionica, Montepulciano, Moscatello, Nirico o Irico, Olivello, Orsina, Pallagrello, Somarello, Tintiglia, Trebbiano e Vernaccia toscana, Zangarese. Uve da tavola: Aglianicone,Aleatico, Cimaverde, Fragola, Malvasia, Moscatellone, Sanguinella, Uva a menna di vacca, Zibibbo.

Infine un po’ di aggettivi che lo riguardano: diciamo che un vino può essere:abboccato, allappante, armonico, caldo, corposo, equilibrato, fine, franco, fruttato, intenso, morbido, novello, passito, secco, superiore.

E mi fermo qui, tralasciando tutti gli altri aggettivi che ne classificano il gusto.

 Come vedete nella conoscenza del vino c’è cultura.

 ALCUNE BELLE POESIE:

I tre grappoli (G.Pascoli)

Ha tre, Giacinto, grappoli la vite.

Bevi del primo il limpido piacere;

bevi dell’altro l’oblio breve e mite;

e…più non bere:

ché sonno è il terzo e con lo sguardo acuto

nel nero sonno vigila, da un canto,

sappi il dolore; e alto grida un muto

pianto già pianto.

 

Da Rapsodie di Giovanni Marradi (allievo di Carducci)

 Dormono ancora le ville e le castella

fra i poggi verdi e il cerùlo Amiata,

e già desta con l’albe è la vallata

cara al buon Redi e alla sua rima snella.

E una canzone di vendemmiatrici

nell’autunnal serenità profonda

mattinando già s’alza alacre in coro

dalla pampinea valle, a cui felici

signori il sole che i lor campi inonda,

versa tepidi sonni e sogni d’oro.

Buona vendemmia, o figlie! Oh, dal lavoro

posando a notte nel pio casolare ,

oh, possiate voi pur, stanche, a sognare

che il mondo è giusto e che la vita è bella!

EGOISMO E CARITA’

Odio l’allòr che, quando alla foresta
le novissime fronde invola il verno,
ravviluppato nell’intatta vesta
verdeggia eterno

pompa de’ colli; ma la sua verzura
gioia non reca all’augellin digiuno;
ché la splendida bacca invan matura
non coglie alcuno.

Te, poverella vite, amo, che quando
fiedon le nevi i prossimi arboscelli,
tenera, l’altrui duol commiserando,
sciogli i capelli.

Tu piangi, derelitta, a capo chino,
sulla ventosa balza. In chiuso loco
gaio frattanto il vecchierel vicino
si asside al foco.

Tien colmo un nappo: il tuo licor gli cade,
nell’ondeggiar del cùbito sul mento;
poscia floridi paschi ed auree biade
sogna contento.

                                                                          

                                                                                  Giacomo Zanella

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