Osservazioni e riflessioni

 

sul libro "Asterischi e parentesi vuote - Racconti" dello scrittore     Costantino Simonelli, edito da Il Bene Comune, ISBN 978-88-96068-43-4 con la prefazione di Gianni Spallone,  maggio 2018.

1 - Notizie biografiche

Costantino Simonelli è nato a Napoli da genitori molisani e vissuto, coi genitori e un fratello, Severino, da sempre, a Campobasso, dove esercita attualmente la professione di medico di famiglia.

Sin da giovane ha avuto amore per la letteratura e la propensione a scrivere poesie Ha sin da allora avuto interesse ad  occuparsi di problemi esistenziali, familiari e sociali, con la sua bonaria, acuta e nativa ironia. 

La madre Rosa, una donna piccola, di forte  carattere, loquace e ricca di interessi culturali, è stata la sua ispiratrice principale, ed è scomparsa da poco a causa di un tumore incurabile, alla bella età di 88 anni. Era maestra elementare. Anche il padre ebbe lunga vita, essendo anche lui deceduto all’età di 85 anni. Il fratello unico, Saverio, anche lui  morto per tumore cerebrale, aveva l’età di 49 anni. Questi eventi sono quelli che hanno maggiormente lasciato segni nella sua vita.

Da una citazione sappiamo che fu ad Amsterdam con il fratello nel 1972.

Sposato con Lucia, presto è divenuto padre di Rossella.

Tutti vengono ricordati con profondo affetto in questa prima raccolta di racconti editi.

Finora ha pubblicato semplicemente due sillogi di poesie:

  • Aspettando Godot, pubblicato nel 1998 da Edizioni Libroitaliano;
  • E poi,l’Oltre uscito nel 2004, in Edizione Eva.

Ha scritto numerosi racconti e ha partecipato con successo a diversi concorsi letterari.

Questa è la sua prima opera narrativa resa pubblica.

2 – Osservazioni generali sul libro

L’opera si presenta con una copertina che fa pensare alle maschere di Ensor; cosa che ritengo molto appropriata per i suoi contenuti, in quanto tali maschere fanno pensare alle diverse facce dei suoi personaggi e dei suoi ambienti. Ovunque è dato cogliere la sua ironia e la sua  sagacia, la sua capacità di trarre aspetti interessanti  e stimolanti dagli avvenimenti del suo mondo esistenziale senza evitare di mettere in luce la sua verità e il voglioso coraggio di vivere dei suoi personaggi.

Il tutto è una raccolta di quindici racconti, con la presenza di un nutrito gruppo di personaggi ben presentati, in duecentotredici pagine a tutto campo. Uno di essi, quello che dà il titolo all’intero volume, è a sua volta un insieme di racconti autobiografici, ovvero di vita vissuta durante il tempo dei suoi impegni da medico.

 I contenuti sono vari, scritti in momenti creativi diversi, con motivazioni diverse, vari per lunghezza e diversamente stratificati per struttura narrativa.

Il loro insieme dà l’impressione che sia il frutto di una sua personale voglia di sperimentare forme narrative diverse, ma nello stesso tempo finisce coll’essere un documento che traccia i segni distintivi dei suoi vari momenti creativi, vere tappe evolutive di un percorso che porta a maturazione le sue migliori abilità di narratore e affabulatore.

A me, ad esempio, pur senza togliere nulla alle sue capacità e abilità naturali e acquisite volti ad analizzare le vicissitudini umane con mezzi linguistici appropriati  e sguardo indagatore e al rispetto della sagacia della sua ironia,  è sembrato di cogliere un frutto acerbo nel primo racconto intitolato Senza mare, a mio giudizio una delle sue prime prove narrative.

In esso ravvedo una certa sproporzione tra la parte introduttiva e il resto: per parlare di mare,  parte da troppo lontano, addirittura dal principio cosmico di Talete, uno dei grandi saggi dell’antica Grecia, della scuola filosofica di Mileto, dell’Asia Minore, di ventisei secoli addietro. Occupa un quinto dell’intero racconto e appare come una forzatura rispetto a quella tematica, vero oggetto del suo interesse, volta a mettere a fuoco la sua ironia sugli errori umani che hanno fatto fallire il fine della escursione progettata, escursione scolastica di scuola elementare di un paesello dell’entroterra molisano, per averla affidata a una ditta di trasporti poco idonea e incapace di far fronte a tutte le conseguenze del caso.

In questo racconto l’autore rinuncia persino a dilungarsi sulle delusioni degli escursionisti e sui disagi incontrati nel ritorno di tutti a casa, cosa che sarebbe stato senz’altro più interessante e più pertinente da far conoscere, al fine di lasciare in primo piano al lettore il tema relativo alla gravità di tali leggerezze umane.

Se queste sono quelle che l’autore definisce “Parentesi vuote” direi che forse avrebbe potuto farne di meglio.

Un difetto pressoché simile lo trovo anche in Quattro settimane e mezzo in cui il tempo intermedio tra il primo e il secondo incontro tra i due personaggi presi di mira, Claudina e Severino, occupa più pagine di divagazione che l’intero racconto.

In alcune parti l’autore adotta la forma narrativa della fiaba e dei cartoni animati, dando voce, a mo’ di testimone, a un vagone incidentato e fuori uso, di un treno rimasto in un binario morto, non lontano dalla stazione di Bologna, da quattro anni, in Il treno di Margherita, dove a causa di un incidente  Margherita perde la vita e l’innamorato, dopo anni di cura per le gravi conseguenze riportate, torna sul luogo del disastro per sentirsi dire che quel suo amore era già bello e finito.

In un’altra storia la ritroviamo, in  Fiamma e Estintore, dove entrambe queste cose vengono animate per discutere sulle manchevolezze umane, come due personaggi in lotta tra loro in una incolpevole storia di  incendi in cui l’una e l’altro, la fiamma e il mezzo di spegnimento mettono a nudo pregi e difetti propri, e ancora in un altro racconto in cui la luna viene animata per lo stesso motivo, per chiarire i rapporti intercorsi tra i due personaggi di “Quattro settimane e mezzo”.

Ho trovato efficace tale struttura narrativa, soprattutto perché toglie all’usuale narratore, presente nella struttura classica del racconto, la sua parola ipotetica per darla a chi apparentemente si presenta come testimone, una strategia capace di dare maggior efficacia e certezza alla vicenda narrata, soprattutto nei casi in cui è impossibile ravvisare nella situazione data la presenza di veri e propri testimoni umani.

3 – Differenziazioni strutturali e contenutistici.

Sotto un altro aspetto i racconti, per una buona metà, mettono  a nudo particolari vicende e comportamenti manchevoli umane con bonaria e efficace ironia e classica compostezza. In alcuni di essi ci fa pensare a un Molise retrogrado e ancora arcaico.

Un primo gruppo sembra animato dallo spirito goliardico di chi vede soltanto l’aspetto assurdo o quello comico della vicenda per ridere o per denigrare, detti tra giovani in vena di scherzare e di dire la propria battuta. Ad esso appartiene, come mi sembra di vedere, Joyce e Ulisse, un tema da svolgere entro un tempo preciso in cui uno studente dalla mente vuota, sul tema in oggetto, solo negli ultimi minuti riesce a trovare le parole per proseguire, ma non  riesce a concluderlo perché alla scadenza del tempo   viene costretto a consegnarlo così come si trovava.

Racconti simili sono Macchia su macchia, Quattro settimane e mezzo e Il signor Raffaele ( o dell’insonnia in due) che lascio al lettore il piacere di leggerli e divertirsi.

In questi racconti l’autore si compiace di usare un linguaggio meno nobile.

Alcuni racconti hanno uno sviluppo più esteso e articolato come Roteare, un piacevole spettacolo  offerto sull’ansia tra marito e moglie, vissuta sulla grande ruota di un Luna Park; Gelsomino e l’odore di zolfo, il più esteso di questo gruppo che racconta le vicissitudini di un trovatello passato da un’adozione all’altra con risultati deludenti e finito infine come  facchino in un grosso ipermercato; Antonio Di Paola e l’incidente,  vicenda che finisce in  modo umanamente esemplare, tutto da scoprire;  Beniamino giallo rosa e nero, la storia di un esaltato per la letteratura gialla, che finisce per essere arrestato come responsabile di un assassinio.

In essi i personaggi sono ben delineati, fisicamente e moralmente, e le vicende assumono valori più universali.

Il gruppo migliore dei racconti, segue la struttura canonica divenuta tale dai tempi più antichi: dialoghi diretti tra personaggi mediati da un narratore. Sono quelli di Asterisco, nel quale ci presenta una sua Zietta, Lina, epilettica e sospettosa, vissuta in famiglia per oltre quarant’anni. Racconta le sue prime esperienze di medico fatte in un nosocomio di Roma, a San Giovanni della Misericordia. Ricorda la figura emblematica di due internati: Orazio il contatore e la Loren, ovvero Clotilde, e quella di medico di famiglia in cui confessa umilmente che c’è anche una medicina poco seria assieme a visite fatte così così.

Anche  in questa veste ricorda due figure importanti dei suoi pazienti: quella di Maria, che finisce quasi inspiegabilmente suicida e di Nicola in La visita, forse il più ricco di sorprese, nel quale il personaggio di rilievo diventa la vedova di Nicola, fino all’ultima, quella della morte della madre, in cui è chiamato a mettere tutta la sua cultura, la sua abilità di medico e il suo amore di figlio per assister sulla soglia della morte, in Tumore di mamma. Ma quello che considero il suo capolavoro narrativo è  Monet in Paradiso, nel quale è dato cogliere non uno scrittore qualunque, ma il grande, in cui l’autore mette allo scoperto tutte le sue migliori doti di fantasia, di abilità ed eleganza di linguaggio, di dominio dell’argomento veramente esemplari.

4 - Per concludere

Se “lo stile – come dice Léverque a proposito di Monet – è l’unità di un’opera, non l’effetto di un momento; una lunga pazienza, esperienze aggiuntive, coordinate, sintetizzate in una formula che condensa” allora possiamo dire di questo autore ciò che disse di Monet: “lo stile non è presente nelle sue prime opere, ma nelle ultime” Monet aveva cominciato con le caricature e aveva terminato con l’esposizione delle “Ninfee”, che sono ben altra cosa che quelle.

La lettura di questo gruppo di racconti è quanto di meglio e di più serio ci offre l’autore. Qui è tutta la ricchezza di insegnamenti, veramente esemplari, scritti in stile classico e nella forma più bella possibile.

Va detto però che ogni racconto offre al lettore brani di prosa e di analisi esistenziale di grande efficacia.

Campomarino 24 luglio 2018

Filippo Leo D’Ugo

 

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